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    Ti sei mai chiesto per quale motivo vengono creati così tanti malware e virus e che genere di persone siano questi criminali informatici?

    SecureList, il quartier generale degli esperti informatici di Kaspersky Lab, ha condotto uno studio sulla storia e sulle ragioni che spingono le persone ad investire tempo e denaro nella creazione e sviluppo dei software in grado di colpire ognuno dei nostri dispositivi. Prendendo spunto da queste informazioni, ogni settimana ti proporremo un breve bigino sui profili dei “malviventi informatici” e sui metodi che utilizzano per compiere i loro scopi.

    In passato, la maggior parte dei virus aveva lo scopo di testare le capacità dell’hacker. Lo studente un po’ nerd studioso di informatica aveva prevalentemente l’obiettivo di assumere il controllo dei dispositivi e vandalizzarli. Da questo gruppo si distinguono i ricercatori, ovvero veri e propri geni del computer che ideano nuovi metodi per infettare computer contrastando i software antivirus. Proprio loro vengono poi utilizzati come veri e propri sviluppatori delle minacce informatiche per acquisire nozioni e sviluppare malware da diffondere in rete.

    In questa prima puntata del nostro approfondimento ci dedicheremo allo studio dei primi, creando una breve “biografia” dello studente-hacker modello.

    I software ideati da queste persone consistevano prevalentemente in virus che nascevano e morivano una volta testati, giusto in tempo di accrescere l’ego del proprio creatore. Questi erano i cosiddetti virus studenteschi, pieni di errori e non eccessivamente pericolosi.

    I primi esempi risalgono agli anni ’80. Utilizzando un Apple IIe, un alunno del primo anno di liceo americano creò ELK CLONER, un virus che si diffondeva tramite floppy disk. Al cinquantesimo caricamento sul computer, sul monitor compariva una poesia: “Mi appiccicherò a te come colla”. Abbastanza raccapricciante.
    Sempre negli Stati Uniti, una matricola della Cornell University mise alla prova la tenuta della rete internet, con il software THE INTERNET WORM. Il suo test si rivelò positivo, almeno per le sue intenzioni. Il worm (un malware in grado di autoreplicarsi, primo nel suo genere) bloccò l’accesso al web. L’effetto fu devastante, con un danno stimato tra i diecimila e i centomila dollari.

    Nonostante siano ancora presenti minacce di questo tipo, la complessità dei nuovi sistemi operativi e le nuove leggi in materia (molto più severe del passato, essendo più facile subire denunce e arresti), la quantità di “virus vandalici” è nettamente diminuita. Oggigiorno, infatti, copre un misero 5% dei database dei maggiori software antivirus.

    Inoltre, la grande espansione dei giochi online garantisce un’ampia arena di sfogo delle capacità del novello informatico, in grado di utilizzare le proprie conoscenze per vincere e guadagnare anche parecchi soldi.

    La prossima settimana ci occuperemo dei “ladruncoli”, che compiono furti minori sfruttando le capacità dei Trojan.

     

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